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via G. Verdi (già via della Pillotta)
Fino al 1901 questa strada era denominata via della Pillotta a ricordo di un antico gioco, detto "della Pilota" o "Pila" (palla di cuoio cinta da spago) che si praticava nell'ampio spazio libero esistente tra via Verdi e via Puccinelli, prima della costruzione delle attuali case che oggi dividono le due strade. Lungo questa stretta via si trovano alcune lapidi che commemorano illustri personaggi che qui abitarono. via Verdi n. 62 - Lapide a ATTILIO FROSINI ATTILIO FROSINI (Pistoia, 1833 - Pistoia, 1849.) Attilio Frosini era un giovane pistoiese, figlio di Agostino, domestico presso i nobili Marchetti, e di Annunziata Sassaroli, una stiratrice, che venne fucilato nel 1849 dalle truppe austriache di stanza a Pistoia. Sulla figura di questo ragazzo si sono intrecciatie storie e testimonianze, a volte contraddittorie, dove viene esaltato il suo coraggio patriottico, o sottolineata la sua ingenuità; resta comunque per i pistoiesi un giovane martire, simbolo di una libertà duramente conquistata. Gli austriaci, dopo gli straordinari eventi italiani del 1848, stavano riportando l'"ordine" nella penisola e restaurando in Toscana la sovranità del granduca Leopoldo II di Lorena. A Pistoia il battaglione asburgico di controllo alla città, comandato dal tenente colonnello De Mayer, era alloggiato nel Palazzo Vescovile, nell'attuale via Puccini. Da qui, quel lontano 28 giugno del 1849 si trovò a passare il giovane Attilio, che vista la sentinella di guardia, credendola di nazionalità ungherese, gli gridò: "Viva Kossuth!", credendo di condividere con lui lo stesso entusiasmo per Luigi Kossuth, che attuò l'indipendenza dell'Ungheria dall'Impero austriaco durante i moti del 1848. Il dramma si consumò in un attimo. Il giovane, attirato all'interno del palazzo, fu violentemente percosso e arrestato con l'accusa di istigazione alla diserzione dei soldati asburgici. Dopo un processo sommario, il ragazzo venne condannato a morte per strangolamento, pena che fu commutata in fucilazione ed eseguita il giorno seguente, 29 giugno, nella Fortezza di Santa Barbara. Con la brutale uccisione di Frosini, gli austriaci vollero dare un forte segnale alla cittadinanza pistoiese, che si dimostrava ribelle alla restaurazione lorenese e poco propensa a sottomettersi alle leggi degli occupanti. Attilio, quindi, si trovò coinvolto in una vicenda più grande di lui, pagando con la vita un gesto inopportuno, dettato dal suo entusiasmo per gli ideali italiani e dalla sua giovane età. via Verdi n.48 - Lapide a CINO MICHELOZZI CINO MICHELOZZI(Pistoia, 1841 - Pistoia, 1899). Questa targa, di insolita fattura a piastrelle in ceramica, indica la casa natale di Cino Michelozzi. Notaio, deputato e stimato giureconsulto, il Michelozzi fu autore di numerose edizioni del Commentario delle leggi italiane sul notariato e del Formulario prontuario per la pratica degli atti notarili, nonché direttore del "Rolandino", gazzetta del notariato con sede a Roma. Fece parte della Società Internazionale di Legislazione Comparata in Francia e collaborò con il governo italiano nelle commissioni legislative. via Verdi n. 19 - Due lapidi a STEFANO DUNYOV (su un'altra lapide posta a fianco della porta è la traduzione in ungherese e in bulgaro) STEFANO DUNYOV(Vinga, 1816 - Pistoia, 1889) – Le due lapidi ricordano il garibaldino colonnello Stefano Dunyov, ungherese di origine bulgara, che visse in questa casa dal 1871 fino alla morte. Dunyov, come molti legionari ungheresi, nel 1860 prese parte alla Spedizione dei Mille, durante la quale si distinse per le spiccate doti organizzative, tanto che Garibaldi, ammirato dalle sue capacità, lo nominò colonnello comandante del 2° reggimento della 3ª brigata "Eberhardt" nella 17ª divisione "Medici", che poi assunse la denominazione di "Reggimento Dunyov". Ferito gravemente nella battaglia di Maddaloni, tanto da rendere necessaria l'amputazione della gamba, il colonnello Dunyov, alla fine della Campagna, fu ammesso nell'esercito italiano, ma, suo malgrado, venne collocato in aspettativa, tanto che quando in seguito fu invitato a presentare la domanda di pensione, scriverà indignato: «È più che naturale che l'elemento garibaldino vada estirpato, a tutti i costi, dall'esercito». Nel 1863, dopo aver sperato nel nuovo tentativo di Garibaldi di raggiungere Roma, impresa fallita con il doloroso episodio dell'Aspromonte del 29 agosto del 1862, il colonnello prese stabile dimora prima a Genova e poi a Torino, trasferendosi definitivamente nel 1876 a Pistoia, dove ottenne la cittadinanza italiana e visse con la moglie Antonietta Salamini e con i suoi sette figli. Insignito della Croce dell'Ordine Militare di Savoia, di quella dei Santi Maurizio e Lazzaro e di quella della Corona d'Italia, Dunyov nel 1879 ebbe l'onore di ricevere nella sua casa di via della Pillotta la visita di Luigi Kossuth, il politico ungherese che era riuscito a dare, anche se per poco tempo, l'indipendenza alla sua patria. In questo stesso edificio, vedovo da ormai più di due anni, Stefano Dunyov morì il 30 agosto 1889. |
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