Questo vasto complesso conventuale, dotato di un bellissimo agrumeto, ha avuto nel tempo varie destinazioni d'uso. Nella metà del Trecento, l'edificio era sede del monastero di San Michele Arcangelo, che ospitava una comunità di monache benedettine, diversa da quella attuale, trasferita qui da una precedente sede suburbana posta in località Gora, situata fuori di Porta al Borgo. Il monastero fu soppresso nel 1786 dal vescovo di Pistoia Scipione de' Ricci e l'intero fabbricato fu venduto a Pietro Banchieri che, su progetto dell'architetto Stefano Ciardi, lo trasformò in residenza signorile. Gli spazi conventuali furono demoliti per far posto ad ampie sale e saloni, alcove e stanze di servizio, lavori che compresero anche la distruzione della piccola chiesa posta all'angolo con l'attuale via Verdi. Il nuovo palazzo fu venduto successivamente alla famiglia Tolomei e da questa ceduto per un buon prezzo alla comunità delle monache benedettine cassinesi di clausura, espropriate del vicino monastero di Santa Maria degli Angeli, oggi sede del Liceo Statale Forteguerri. Il complesso, quindi, fu nuovamente adattato a spazio conventuale, in cui le sfarzose stanze tipiche della dimora nobiliare lasciarono il posto ancora una volta ai refettori, alle celle e alle cappelle, dove le monache si stabilirono nel 1889.
Nello spazio dell'atrio d'ingresso, attraverso il quale le carrozze accedevano alla corte interna, venne realizzata la nuova chiesa su progetto dell'architetto fiorentino Riccardo Mazzanti, il quale, seguendo le indicazioni delle suore, realizzò un'aula a tre navate di gusto rinascimentale con volte a crociera e una cappella absidale con volta a botte. La chiesa, che conserva ancora oggi l'apparato decorativo a stucco esaltato dalla tenue coloritura delle pareti, venne utilizzata fino al 1928 come oratorio.
Le monache trasferirono nella nuova sede non soltanto alcune opere d'arte di loro proprietà, ma anche il loro laboratorio farmaceutico e la spezieria, che da anni assicuravano alla comunità religiosa una certa autonomia economica. Lo splendido orto all'interno del complesso conventuale fu fondamentale per la coltivazione delle erbe medicinali e per la conseguente produzione di vari medicamenti.
A dare un impulso quasi imprenditoriale alla farmacia delle monache, fu Maria Cristina Carobbi, farmacista, Abbadessa del monastero per dodici anni, dal 1892 al 1904, custode della formula esclusiva della "Tisana alle erbe salutari" ritenuta un toccasana nella cura della gotta, tanto che era molto conosciuta e richiesta dalle farmacie di vari paesi europei.Oltre alle erbe, le suore coltivarono le arance selvatiche, che ancora crescono rigogliose nell'orto del convento, ricavandone, con un lungo procedimento, marmellate, canditi e, soprattutto, il tradizionale Rosolio di China, del quale si trova notizia già nelle cronache del Settecento.Ancora oggi la produzione di questi antichi prodotti permette alle monache di provvedere al sostentamento della loro piccola comunità, vivendo pienamente nello spirito benedettino "ORA ET LABORA", regalandoci tradizioni e sapori del nostro passato.
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