La notizia più antica relativa al Palio dei Barberi risale al 1265. Molti documenti successivi ci raccontano le modalità di questa manifestazione, organizzata in onore di San Jacopo, che richiamava in città una moltitudine di persone desiderose di assistere alla sfrenata corsa dei cavalli, in origine montati da giovani fantini, e successivamente, "scossi" cioè privi di cavaliere.
Nel medioevo la corsa si svolgeva lungo un percorso perfettamente rettilineo di circa tre chilometri che, sull'antico tracciato della Cassia, partiva da località Pontelungo, dove passava il torrente Ombrone, entrava in Pistoia lungo le attuali vie Puccini, della Madonna e degli Orafi, per arrivare al traguardo in Piazza del Duomo, davanti alla chiesa di Santa Maria Maggiore o Cavaliera, posta sul fianco destro del Palazzo Comunale.
Dal Cinquecento, con la costruzione del nuovo bastione di Porta Lucchese, la corsa cambiò il tradizionale itinerario della "corsa in lungo", per un tratto più curvilineo che partiva dal "prato di San Francesco", attuale piazza San Francesco, "luogo delle mosse", proseguiva lungo via del Corso, oggi suddivisa nei tratti Gramsci, Fedi e Amendola, e superando gli incroci di San Vitale e quello della chiesa di San Paolo, arrivava alla chiesa medievale di Santa Maria Nuova, "luogo della ripresa", in fondo a corso Amendola, oggi in precarie condizioni conservative.
I barberi erano cavalli forti, di corporatura robusta e piuttosto bassa, apprezzati per la loro resistenza fisica in questo difficile tipo di gare. Questi animali appartenevano ai nobili pistoiesi che, spinti dall'ambizione di conquistarsi la fama con i propri cavalli, amavano sfidarsi per vincere il prezioso premio.
I preparativi della corsa erano concitati e febbrili. I cavalli, prima delle mosse, sostavano in uno spazio aperto, dove, per gli animali più focosi, erano predisposti degli spazi suddivisi da tramezzi. I barberi non dovevano essere ornati da inutili orpelli, ed era consentito utilizzare, legate sulla schiena, le 'perette', cioè delle piccole palle di ferro munite di punte o chiodi, che movendosi durante la corsa, pungevano e stimolavano i cavalli ad andare più veloci. Al cavaliere del Podestà o del Commissario cittadino era dato il compito di procedere alla chiamata dei barberi al canapo di partenza, dove gli animali, innervositi dalla crescente eccitazione della folla, venivano portati bendati. Al grido "alla corda Barbareschi", mentre il trombettiere suonava il segno della partenza, il canapo veniva calato e i cavalli, fulminei, partivano.
Il giorno del palio, Pistoia si vestiva a festa. Uno sfarzoso corteo signorile di forestieri e cittadini apriva la manifestazione e la città, ornata da drappi e stendardi colorati, si riempiva di gente che affollava strade e piazze, cercando il posto migliore per assistere alla spettacolare manifestazione.
Il Palio di San Jacopo durerà fino al 1858 quando, con una delibera del Consiglio Comunale, si approverà la definitiva soppressione. Nel 1947 la tradizione del palio fu ripresa, ma cambiò denominazione nell'attuale Giostra dell'Orso, in onore dell'animale araldico rappresentato sullo stemma cittadino, chiamato a Pistoia "micco", che si ripeté ogni anno nella suggestiva cornice di Piazza del Duomo fino al 1957, anno in cui venne nuovamente interrotta. La giostra, che si ispirò ad una memoria goliardica del Carnevale del 1666, si diversificò totalmente dall'antica corsa dei barberi, in quanto venne articolata in una gara a cavallo, durante la quale i cavalieri si sfidavano in velocità e abilità nel colpire per primi un bersaglio, la sagoma dell'orso simbolo della città.
La tradizione della Giostra dell'Orso sarà ripresa a partire dal 1975, quando il Comitato cittadino e i quattro rioni della città, Porta San Marco, Porta Lucchese, Porta al Borgo e Porta Carratica, decisero di far ricominciare a correre i cavalli in Piazza del Duomo, dando nuova vita ai festeggiamenti in onore di San Jacopo, che ancora oggi animano nel mese di luglio la nostra città.
|